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Presentazione a cura di Franco Zambelloni - 2011

Parco Sala del Torchio

Questa è la nona mostra personale di Arrigoni (oltre ad altre cinque collettive), che ha esposto le sue opere in Svizzera, Italia e Germania.

Delle 19 sculture qui raccolte, eseguite tra il 2001 e il 2010, 12 vengono esposte per la prima volta nel Ticino.

La maggior parte delle 19 sculture si suddivide in due serie, secondo due forme dominanti: c'è un gruppo di sculture nelle quali il corpo umano è raffigurato nelle sue curve essenziali, con figure tendenzialmente filiformi, sottili e slanciate verso l'alto; ce n'è un altro di cinque sculture, dove il corpo umano - o meglio, il corpo femminile - è rappresentato in modo simbolico. Anche nella scultura All'alba     , del 2010, dove la fonte d'ispirazione è la tenda famosa di Mario Botta, il motivo circolare della tenda suggerisce ad Arrigoni una sorta di girotondo di persone proiettate verso il cielo. Ma, per lo più, l'oggetto dal quale trae origine l'ispirazione è il corpo umano, specie quello femminile; e il linguaggio scultoreo in cui è rappresentato si ispira alla tecnica artistica di Giacometti.

Consideriamo dapprima la serie delle figure femminili sottili, slanciate verso l'alto, rette da un lungo stelo. Così Quattro segni     , del 2003; All'alba      (2010); Incontri      (2004) ; Dolci percezioni          (2002); Bea d'estate     (2009); Sentire il vento     (2009); La città delle donne     (2005); Plaza de Marte      (2010); Ed erano i sogni e le fantasie a rendere gli uomini umani      (2002). Qui il corpo umano è ridotto all'essenziale, nei ritmi di concavo/convesso: in fondo, quasi cucchiai sovrapposti, a rappresentare elegantemente il bacino, il tronco e il capo del corpo umano.

Questa modalità di rappresentazione della figura umana persiste nella produzione di otto anni; in due sculture - Sentire il vento e Bea d'estate - le figure si fanno più sottili, filiformi, e assumono un movimento ondulante, come di lunghi steli mossi dal vento. Che è un logico svolgimento del tema. Si considerino, infatti, gruppi come All'alba, o Incontri, o La città delle donne: figure femminili, stilizzate nelle sole curve essenziali, slanciate verso l'alto perché rette su lunghi steli sottili. Come fili d'erba. Lo slancio verso l'alto dà un'idea di leggerezza che contrasta la pesantezza del bronzo, la materia delle sculture.

Molti significati, molte allusioni si contengono in questa contrapposizione basso/alto, leggerezza/pesantezza. Intanto, l'aspirazione all'alto - qualunque sia il referente di questa polarità - è di ogni tensione verso il Bello, di ogni ascensione spirituale.

Ma le figure che si slanciano al cielo sono radicate nella terra. Si osservi la parte inferiore dello stelo, ad es. in Ed erano i sogni e le fantasie a rendere gli uomini umani: la sottile colonnina di bronzo si aggancia al basamento con una ramificazione, quasi a trattenere lo slancio legandolo al basso.

Le figure umane poggiano sul suolo non con i piedi, ma con radici. La tensione verso il cielo è anche appartenenza alla terra. Di nuovo, l'immagine dei fili d'erba, della vegetazione, conferma il tema della continuità basso/alto, terra/cielo.

Peraltro, le figure stilizzate, dalle linee sinuose e con i ritmi segnati dall'alternanza di concavo e convesso, rinviano prevalentemente alla forma femminile. L'alto e il basso, in questo caso, assumono altri valori simbolici: alto è l'amore nella sua aspirazione ideale, stilnovistica; basso la carnalità in cui si concreta. E questa è anche una chiave d'accesso alla seconda serie delle figure, quella delle cinque sculture che hanno tutte lo stesso titolo: Un'origine.

Si tratta, in questo caso, di due moduli identici, accostati e giustapposti secondo un asse di simmetria. La stilizzazione, qui, è volutamente estrema, ma il simbolismo è decifrabile: si tratta della femminilità nella sua essenza. Il sesso femminile è raffigurato in modo simbolico e in forme variate nella sequenza delle cinque figure. Si ricorderà il celebre quadro di Courbet, esposto al Musée d'Orsay, L'origine du monde. Nelle sculture di Arrigoni è ripreso lo stesso concetto di "origine".

Ma il titolo assegnato a tutte le sculture della serie - Un'origine - (I)     - (II)     - (III)      - (IV)     -
(V)     - rinvia a sua volta ad altri significati. Certo, il ventre femminile è luogo d'origine, principio; ma origine è anche l'acqua. E so da Arrigoni che l'ispirazione originaria gli venne da una cascata contemplata al Monte Generoso, un rivolo d'acqua scorrente in un anfratto tra due lembi verticali di roccia. Così anche la femminilità si riconnette alla terra madre, vi si radica.

Una metafora, io credo, è il miglior varco per leggere le sculture di Arrigoni: una metafora antica, "Madre Natura". Non è certo un caso che il termine Natura sia femminile nelle lingue occidentali, dal greco al latino all'italiano, francese, tedesco (l'inglese non ha ancora le idee chiare sulla distinzione dei sessi). La natura genera, è femminile. Natura e femminilità sono le due forme d'esperienza in cui l'uomo maggiormente avverte il contatto con la forza creativa, l'origine da cui tutto prende avvio è la vita non meno dell'arte.

E questo duplice amore che lega Arrigoni alla Natura e alla Donna è simbolicamente unificato in una scultura che non appartiene a nessuna delle due serie: Salto nel continuo    . Dove il paesaggio montagnoso è raffigurato nelle dolci ondulazioni di una sequenza di colline, che ricordano anche le curve dolci di una donna coricata. Qui la Natura madre e la Femminilità si ricongiungono in un continuo. Il profilo ondulante delle colline traccia un orizzonte, una sottile linea di confine: al di sopra, il cielo.

INCONTRI
ALL'ALBA
BEA D'ESTATE
SENTIRE IL VENTO
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DOLCI PERCEZIONI
PLAZA DE MARTE
ALL'ALBA
ED ERANO I SOGNI
QUATTRO SEGNI
UN'ORIGINE
UN'ORIGINE
UN'ORIGINE
UN'ORIGINE
UN'ORIGINE
SALTO NEL CONTINUO
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